PMI e microimprese: produttività ai minimi europei e digitalizzazione incompleta

Aumenta l’occupazione ma in un contesto di fragilità strutturale e evoluzione tecnologica limitata.
L’ultima relazione del Garante per le Piccole Medie Imprese al consiglio dei ministri (Luglio 2018) traccia un profilo abbastanza critico per quanto riguarda le attività imprenditoriali più piccole.
Il rapporto illustra i principali elementi che definiscono il nostro sistema economico e le sfide legate alla Quarta Rivoluzione Industriale, tocca il tema dell’economia circolare, della digitalizzazione e della produttività e della internazionalizzazione in relazione allo stato di salute delle PMI italiane.
Benché le imprese di micro/piccole e medie dimensioni rappresentino il 92,5% delle aziende italiane nel settore manifatturiero e dei servizi e l’occupazione generata sia in costante aumento nell’ultimo anno (fonte Osservatorio Occupazione CNA) l’analisi del MISE evidenzia alcuni importanti punti di miglioramento. Confrontando i livelli di produttività nel complesso delle PMI emerge che l’Italia supera solo quella spagnola. In particolare ci collochiamo al penultimo posto per la fascia fino a 9 addetti e risultano primi solo in quella fra i 50 e i 249. Si nota anche un grande divario fra le micro e le grandi imprese, molto più ampio rispetto agli altri paesi. Il livello dell micro impresa in Italia è appena il 41% rispetto alla grande impresa contro il 43% della Spagna ed il 78% dei vicini francesi.
Livelli relativi della produttività del lavoro – rapporto tra il valore aggiunto al costo dei fattori/numero di addetti – per le imprese fino a 9 addetti/imprese con oltre 250 addetti.

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Secondo l’analisi la differenza di produttività è interamente collegata alle micro e piccole imprese anche a causa del loro peso numerico dominante in Italia (oltre il 95% sul totale).
Fra le ragioni principali il rapporto cita il ritardo nell’innovazione tecnologica, la specializzazione sbilanciata verso produzioni manifatturiere a basso contenuto tecnologico e gli scarsi investimenti nella formazione del personale.
Anche il livello di digitalizzazione tra PMI e grandi imprese è rivelatore e si esprime soprattutto nel divario importante di adozione delle più moderne tecnologie (il gap peraltro accomuna l’Italia a tutti i Paesi analizzati). In Italia, in particolare, le PMI hanno raggiunto un buon livello di adozione del ICT di base ma risultano più limitate nell’utilizzo del web e dei social media. La distanza è certamente causata anche da gap infra-strutturali: nel 2017 solo il 7% delle imprese aveva accesso a Internet con velocità superiore ai 100Mb/s contro il 42% della Danimarca e il 39% della Svezia.

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Perché un imprenditore deve capirne di marketing?

Perché oltre che occuparsi dei già tanti processi aziendali e dei propri dipendenti, dovrebbe governare lo sviluppo della strategia di marketing?

 

Il ruolo dell’imprenditore impone di conoscere ogni leva utile al business, comprese quelle relative al posizionamento sul mercato, alla natura dei diversi canali comunicativi e alla raccolta e gestione di informazioni utili.

 

La strategia; dove vuoi essere tra un anno, la scelta di cosa produrre, per chi, come… tutto questo prende forma grazie al marketing, è marketing. Appare ovvio, quindi, che un buon imprenditore non può delegare questi aspetti strategici rinunciando del tutto a mantenere il suo ruolo di guida.

Come ben sai, bisogna avere una buona pianificazione e un ottimo controllo di tutte le attività dell’impresa (compresa l’acquisizione e la gestione dei clienti!). Solamente in questo modo, si può evitare di farsi raccontare frottole da consulenti non preparati o in mala fede e di perdere, quindi, importanti occasioni di crescita.